Pensieri sparsi (e immagini) sui festival sufi
Di recente, i festival Sufi stanno diventando sempre più numerosi, e influenzano il modo il cui il Sufismo è percepito sia all’interno che all’esterno delle comunità musulmane. Alcuni festival sono finanziati dagli stati, mentre altri sono indipendenti, altri ancora sono espressione diretta dell’ortodossia islamica e Sufi, al contrario altri sono portavoce di una conoscenza universale de-islamizzata. È quindi difficile generalizzare alla ricerca di tratti comuni. Appare invece evidente come la ricerca sociologica su questi temi sia ancora scarsa.
I festival più importanti degli ultimi anni sono:
– Festival della Cultura Sufi a Fez (Marocco)
– Festival delle Musiche Sacre dal Mondo (Marocco)
– Festival Sufi di Parigi (Francia)
– Sufi Soul Festival (Germania)
– Sufi Festival (Regno Unito)
– Incontri e musiche sufi – Samaâ (Marocco) (nessun sito web)
– Festival Gnaoua et Musiche dal mondo (Marocco)
– World Sufi Spirit Festival Jodhpur (India)
– Sufi Festival (Israele)
– Festival di Musica Mistica Internazionale di Konya (Turchia)
Negli ultimi anni la mia ricerca si è concentrata sul Sufismo nella sfera pubblica, ed ho avuto l’opportunità di partecipare a numerosi festival Sufi, quale ad esempio il Festival delle Musiche Sacre dal Mondo (Festival des Musique Sacrées du Monde) ed il Festival della Cultura Sufi, (Festival de la Culture Soufie) entrambi a Fez, Marocco. I pensieri che seguono sono frutto della partecipazione a questi eventi, dove sono anche state scattate le foto che vedete qui.
Il Festival delle Musiche Sacre dal Mondo è stato fondato da Faouzi Skali, intellettuale marocchino, e da Mohammed Kabbaj, politico, a Fez nel 1994. Questo festival è stato il primo di una lunga serie, che ha inoltre ispirato vari festival Sufi in giro per il mondo. All’inizio degli anni Novanta, ospitava solo qualche concerto di musica sacra e pochi musicisti; di recente, ha acquisito progressivamente importanza fino ad ottenere fama internazionale all’inizio degli anni Duemila, attraendo numerosi artisti e migliaia di visitatori, aspetto che ha contribuito allo sviluppo turistico della città stessa (link Mcguiness).
Far conoscere la musica sacra non era però l’unico scopo di questo festival. Da una parte, l’obiettivo era dichiaratamente politico-culturale: promuovere il dialogo interreligioso attraverso la presenza e compresenza di musicisti e intellettuali provenienti da differenti tradizioni religiose. Ad esempio, l’Orchestra Filarmonica di Sarajevo ha eseguito qui il suo primo concerto, nel 1996, dopo la guerra in Bosnia ed Erzegovina. D’altro canto, il festival era luogo di critiche alla “globalizzazione”, intesa come espressione di politiche neoliberali e di neocolonialismo. Questa critica non è apparsa come un rifiuto della modernità in quanto tale, quanto piuttosto un incoraggiamento alla spiritualità, all’etica e al pluralismo. Il pubblico era infatti composto sia da musulmani che da non musulmani, provenienti dall’Africa e dall’Europa.
Le seguenti fotografie sono state scattate nel 2018 al Festival delle Musiche Sacre dal Mondo a Bab Al-Makina, piazza nel centro di Fez; le opere d’arte proiettate sulle mura del castello sono dell’artista Sufi Rachid Koraïchi, basato a Parigi.
Faouzi Skali ha diretto il festival per più di vent’anni; oggi gli è succeduto Abderrafih Zouitene. Le cause del cambiamento nella direzione del festival non sono note: potrebbero essere legate a motivi artistici, religiosi, organizzativi, personali, etc. Ciò che è certo è che il nuovo Festival delle Musiche Sacre, senza la presenza di Faouzi Skali (assente dal 2014), è meno focalizzato sugli aspetti spirituali di quanto lo sia sullo spettacolo musicale in sé.
Sotto la direzione del nuovo direttore artistico, il festival è stato accusato, da intellettuali marocchini vicini a Skali, di aver perso le sue dimensioni di impegno culturale, politico e spirituale a favore di una dimensione più leggera e chiaramente mondana. La dimensione spirituale è “migrata” verso un altro festival, fondato dallo stesso Skali nel 2007, il Festival della Cultura Sufi, che si tiene nella medina di Fez. In modo simile al precedente festival, questa manifestazione è impegnata nella diffusione della cultura Sufi tra il pubblico marocchino, con il dichiarato scopo di mostrare una dimensione dell’Islam alternativa rispetto a quella percepita in contrasto con i valori occidentali.
Questi festival ci permettono di guardare a fenomeni quali l’Islam e il Sufismo da angolazioni differenti. Innanzitutto, è evidente come gli stati nazione siano interessati a promuovere il Sufismo o una certa immagine dello stesso. Esso è infatti rappresentato come un aspetto apolitico, pacifista e privatizzato dell’Islam, in opposizione ad un Islam intollerante e strumentalizzato dalla politica – rappresentazione che raramente si rivela accurata. Secondo, il Sufismo si rivela essere una potente attrattiva turistica per Paesi quali Marocco, Turchia ed India. Il “mistico Oriente” attrae molti europei alla ricerca della propria spiritualità, che sono inoltre turisti con un elevato potere d’acquisto.
Le foto che seguono rappresentano i modi in cui lo stato nazione esercita il controllo sugli eventi Sufi. Il re del Marocco Mohammed VI (a sinistra) e l’ex presidente dell’Algeria Boutlefika (a destra) sono presenti “in assenza” e vegliano sui festival dai loro ritratti.
Inoltre, questi festival promuovono ed innescano il cambiamento a livello sia sociale che dottrinale all’interno del Sufismo. La collaborazione fra differenti confraternite Sufi che in passato erano in competizione tra loro, è uno dei cambiamenti più eclatanti in tal senso; Eric Geoffroy parla a tal proposito di “periodo post-confraternita”. Infatti, a questi eventi troviamo Sufi provenienti da confraternite quali: Naqshbandiyya-Haqqaniyya, Tidjaniyya, Alawiyya, e Budshishiyya. Ciò è probabilmente dovuto ad una forte pressione politica, sia da parte dei Salafi che vedono il Sufismo come un’eterodossia, sia da parte degli stati che usano il Sufismo per aumentare il loro controllo sulla sfera religiosa. Questa pressione politica sembra favorire un’alleanza fra Sufi di diverse confraternite, e si esprime anche nell’organizzazione di tali festival.
Il secondo cambiamento che sta avendo luogo all’interno del Sufismo contemporaneo è ciò che chiamo “universalismo inclusivo” (link). Esso comporta la ridefinizione del concetto di kāfir, che non significa più “infedele”, “ateo”, “politeista”, o, in senso esteso, tutti coloro che non sono musulmani. Essere infedele diventa uno stato d’animo, infedele è una persona ingrata: “[…] chiunque sia incapace di gratitudine, chi rifiuta la dimensione divina che alberga in ogni essere umano. Considerarsi superiore e migliore degli altri conduce sulla via di Shayṭān, colui che non riconosce la dimensione divina dell’essere umano”, mi ha detto una volta un discepolo Sufi.
Questa apertura concerne anche gli atei, ritenuti capaci di comportamento retto ed azioni caritatevoli anche in assenza di fede religiosa. Secondo questa prospettiva, l’Islam è un linguaggio universale di liberazione dall’idolatria, un messaggio di apertura verso l’Altro. D’altra parte, questo non implica l’assenza del particolarismo all’interno dell’Islam, ossia delle caratteristiche che contraddistinguono l’identità musulmana e le norme religiose islamiche. In poche parole, a differenza di altre forme di universalismo Sufi (si consideri ad esempio Idries Shah o Sufi Order International), questo universalismo non implica un processo di de-islamizzazione.
Ciononostante, questo universalismo inclusivo non è condiviso da tutti coloro che partecipano ai festival Sufi, in quanto ci sono intellettuali e autorità religiose portatrici di visioni più conservatrici dell’alterità. Detto questo, le figure religiose e gli intellettuali più rappresentativi che partecipano a questi festival fanno probabilmente parte di questa categoria di persone (Shaykh Khaled Bentounes – autorità religiosa, Alawiyya; Faouzi Skali – intellettuale marocchino, Budshishiyya; Éric Geoffroy –intellettuale francese, Alawiyya; Abd Al Malik – artista francese, Budshishiyya; Abd El Hafid Benchouk – autorità religiosa, Naqshbandiyya; Bariza Khiari – politico, Budshishiyya; ecc.).
Questo universalismo inclusivo e questo pluralismo si riflettono sull’organizzazione stessa dei concerti, che comprende sia musica religiosa che “secolare”, “laica”. Le seguenti fotografie mostrano il concerto dell’ebreo marocchino Gerard Edery nella sinagoga di Ibn Danan (Fez) ed il concerto jazz con influenze Sufi del tunisino Dhafer Yousef.
Le mie ultime righe in merito a questi festival riguardano la spettacolarizzazione dei rituali Sufi. Il dhikr (ripetizione del nome di dio), la samāʿ (musica Sufi), la haḍra (danza estatica) sono rappresentati sul palcoscenico. Sarebbe troppo facile descrivere ciò come la mercificazione delle pratiche religiose; infatti, considero questo fenomeno ben più complesso. Gli artisti e i discepoli Sufi con i quali ho parlato non descrivono queste performance come rituali “normali”; ma non li considerano nemmeno rappresentazioni ad uso e consumo dei turisti. Essi rappresentano piuttosto un’esperienza religiosa liminale, a metà strada tra la performance ed il rituale.
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