Sono onorato di presentare il libro Global Sufism: Boundaries, Strucutres, and Politics curato da me e dal professor Mark Sedgwick. Sono particolarmente orgoglioso perché questo libro tratta di diversi argomenti, tra cui il rap, la letteratura, la politica internazionale, e le dottrine Sufi. Inoltre, raccoglie capitoli sia di ricercatori affermati che di più giovani. Global Sufism si basa sulla prima conferenza internazionale che ho organizzato alla Fondazione Giorgio Cini in quanto responsabile del Centro di Civiltà e Spiritualità Comparate nel novembre 2017. Vorrei inoltre ringraziare pubblicamente l’artista Rachïd Koraichi per averci permesso di usare una delle sue opere per l’immagine di copertina.
In occasione della conferenza sul Sufismo Transnazionale svoltasi alla Fondazione Giorgio Cini, ho invitato lo Shaykh Khaled Bentounes, maestro Sufi della confraternita Darqawiyya-Shadiliyya-Alawiyya, una delle più importanti del Mediterraneo. Lo scopo era di offrire al pubblico la possibilità di porre domande riguardanti l’islam o il Sufismo direttamente allo Shaykh, in un evento che andasse al di là del mondo accademico per coinvolgere un pubblico più ampio. La partecipazione del pubblico è stata numerosa ed animata, nonostante lo sciopero del personale dei trasporti pubblici avesse ridotto in modo considerevole il numero dei vaporetti disponibili.
Lo Shaykh Bentounes mi ha chiesto di visitare la Biblioteca Nazionale Marciana, alla ricerca della famosa mappa del mondo a forma di cuore opera di Hajji Ahmed, originario di Tunisi. Questa mappa è stata incisa a Venezia nel 1559 (anno 967 del calendario islamico) su sei blocchi di legno, in lingua Ottomana.
Lo Shaykh era interessato a questa mappa non solo per le sue caratteristiche cartografiche e la sua bellezza, ma anche per la sua curiosa ed eccitante storia. Infatti, sulla mappa è riportata la storia dell’avventurosa vita di Hajji Ahmed. L’autore della mappa descrive i propri studi a Fez, e come in seguito fu catturato dai franchi per poi giungere successivamente a Venezia. In questa città, ebbe la possibilità di compiere studi di cartografia e creare questo capolavoro.
Mentre eravamo intenti a studiare la mappa e ad osservarne i dettagli più minuti, uno dei curatori ci ha spiegato che la storia di Hajji Ahmed, almeno secondo gli scritti del professor Bellingeri, è in realtà un falso.
Infatti, non ci sono tracce storiche della figura di Hajji Ahmed, e con ogni probabilità la mappa è stata creata da un gruppo di veneziani composto da Giovanni Battista Ramusio (1485-1557), filosofo e geografo; Giacomo Gastaldi (1500-1566), cartografo; Michele Membré (1509-1594), dragomanno cipriota, interprete di turco e persiano e dilomatico; Marcantonio Giustinian(1516-1571), editore e stampatore; Cristoforo Nicostella da Magonza (?), incisore tedesco; e per finire Guillaume Postel (1510-1581), orientalista, filosofo ed esperto di esoterismo.
La storia di Hajji Ahmed si rivelò quindi essere una vera e propria mossa di marketing ante-litteram,volta ad incrementare le vendite della mappa nel mondo musulmano. Ciò è confermato dalla celebrazione della lingua turca e dalla forma di pietà islamica che emerge dalla storia della vita di Hajji Ahmed. In sintesi, un perfetto esempio del pragmatismo della Repubblica Serenissima, interessata più alla possibilità di incrementare il commercio che alle differenze religiose dei possibili acquirenti.
Non stupisce il disappunto dello Shaykh Sufi di fronte a questa scoperta. La vita avventurosa ed allo stesso tempo retta di Hajji calzava alla perfezione con l’interesse di Bentounes di sottolineare l’importanza del dialogo religioso ed interculturale.
Sulla via di ritorno dalla Biblioteca, nascondendo un certo fastidio, in maniera molto “Sufi” Bentounes mi dice che “la verità è sempre bella, anche se non ci piace”. Per quanto mi riguarda invece, io ero di ottimo umore, infatti avevo scoperto una storia avvincente e avevo imparato qualcosa di nuovo della mia città, Venezia. Tutto questo grazie alla visita di un Sufi algerino!